ゆく春や人魚の眇われをみる
yuku haru ya ningyo no sugame ware o miru
fine primavera –
gli occhi strabici della sirena
mi osservano
Da: Haiku kenkyū, Vol. 39, 1972, p. 63
山寺の扉に雲遊ぶ彼岸かな
yamadera no to ni kumo asobu higan kana
equinozio –
le nuvole paiono rincorrersi
all’ingresso del tempio montano
Da: Kindai haiku no kanshō to hihyō, Meiji shoin, 1967, p. 2
たましひのたとへば秋のほたるかな
tamashii no tatoeba aki no hotaru kana
l’anima
resa con un esempio:
lucciola d’autunno
Da: fudemaka57.exblog.jp
幽冥へおつる音あり灯取虫
yūmei e otsuru oto ari hitorimushi
un suono
che affonda negli inferi:
la falena
Da: Gendai bungaku taikei, Vol. 69, 1963, p. 147
死骸や秋風かよふ鼻の穴
nakigara ya akikaze kayō hananoana
resti umani –
il vento d’autunno passa
attraverso le narici
Ivi, p. 154
Traduzioni dal giapponese di Luca Cenisi
Īda Dakotsu (1885-1962) è stato un poeta giapponese originario di Gonarimura, un piccolo villaggio nella prefettura di Yamanashi. Nel 1905 alcune sue opere vennero pubblicate all’interno della rivista Hototogisu ホトトギス. A partire da quello stesso periodo, Dakotsu si legò alla figura di Takahama Kyoshi (1874-1959) e ad una visione “tradizionale” (dentōteki 伝統的) dello haiku.
Dal 1917 diresse la rivista Unmo 雲母 (‘Mica’), nata originariamente sotto il nome di Kirara キラヽ. Questa venne sospesa per un breve periodo a partire dal mese di luglio del 1945, a causa dei bombardamenti che danneggiarono anche la redazione della rivista stessa. Il giornale riprese tuttavia le tirature già dall’anno seguente.
Nella prima metà degli anni Quaranta intraprese una serie di viaggi in Corea e Cina con l’amico poeta Ogawa Kōshō (1887-1969), registrando eventi, situazioni e suggestioni all’interno di Unmo.
Tra le sue principali raccolte, menzioniamo: Sanro-shū 山廬集 (‘Raccolta del rifugio di montagna’), Reishi 霊芝 del 1937, Yama kodama-shū 山響集 (‘Raccolta di echi montani’) del 1940, Shinzō 心像 (‘Immagine mentale’) del 1947, Sekkyō 雪峡 (‘Gola di neve’) del 1951 e Kakyō no kiri 家郷の霧 (‘Nebbia della terra natia’) del 1956.
Foto: Īda Dakotsu, Asahi Shinbun-sha, 4 febbraio 1948
3 risposte a “Cinque haiku di Īda Dakotsu”