
聖樹灯り水の如くに月夜かな
seiju tomori mizu no gotoku ni tsukiyo kana
luci dell’albero di Natale –
la notte di luna
simile all’acqua…
Dakotsu Īda (1885-1962)
Da: Gendai bungaku taikei, Vol. 69, 1963, p. 169
クリスマス胡桃の樹肌あたたかに
Kurisumasu kurumi no kihada atataka ni
Natale –
resta il calore
nella corteccia del noce
Mitsuhashi Takajo (1899-1972)
Da: Gendai hyaku meikushū, Tokyo Shiki Shuppan, 2004, p. 136



Auschwitz e simili è l’ultima raccolta di haiku di Toni Piccini, edita dalla Red Moon Press di Jim Kacian in quadruplice lingua (italiano, inglese, ebraico e tedesco); l’opera segue di quattro anni l’uscita di No Password (Terra d’Ulivi, 2014), inanellandosi stilisticamente a quest’ultima ma distanziandovisi, al contempo, significativamente per la complessità e delicatezza delle tematiche affrontate, ossia la vita (o, meglio, la morte) nei campi di concentramento nazisti.
Ciò che più mi è piaciuto della raccolta è il fatto che l’autore abbia saputo ricorrere a elementi estetici tipici giapponesi e attualizzarli per descrivere il suo mondo individuale. Nei componimenti ho trovato più chiavi di lettura, da quella naturalistica a quelle filosofica e psicologica, senza che l’una escludesse le altre, grazie a un sottile gioco di accostamenti tra antico e contemporaneo, effimero e sempiterno, modesto e sensazionale. Da Shiki in avanti gli haiku vengono letti in chiave Zen, come la manifestazione di una pace raggiunta, ma i suoi scritti, invece, danno l’idea che le epifanie date dall’ambiente naturale in cui vive e contempla, siano il frutto di un turbamento interiore che solo con la scrittura riesce ad esorcizzare. 
Questo haiku di Maria Carmela si caratterizza per il ricorso ad un lessico semplice e mai pretestuoso, che contribuisce a rendere ancor più chiara e coinvolgente la giustapposizione (toriawase 取り合わせ) tra le due immagini presentate.

Il suggerimento per la composizione di uno hokku da parte di Matsuo Bashō (1644-1694), il grande haijin giapponese, era: «impara le regole e poi dimenticatene.» Anche questa affermazione può essere letta in diversi modi. Io credo che Bashō intendesse dire: non farti ingabbiare da regole/linee guida, ma scrivi haiku in maniera naturale ed immediata. Le linee guida/tecniche dovrebbero passare in secondo piano. Sono appunto “linee guida”, non prescrizioni di legge.