Con il perno a stringere le lame. L’estetica del kire: un’introduzione

Com’è noto, il ‘taglio’ (kire 切れ) presente all’interno di uno haiku consiste in «una cesura semantica e/o ritmico-grammaticale o una sospensione del discorso poetico atta a spezzare il flusso di pensiero del lettore e stimolarlo a ricercare il collegamento tra le due parti dell’opera così divise»(1). Tale cesura viene formalizzata, in Giappone, mediante ricorso ai c.d. kireji 切れ字 (‘caratteri che tagliano’), ossia fonemi(2) rientranti nel conteggio “sillabico” complessivo che svolgono al contempo una funzione semantica e grammaticale (appunto, lo stacco) e una stilistico-poetica propriamente detta, giacché capace di provocare nel lettore una risposta emotiva di ammirazione (eitan 詠嘆) ed un riverbero di suggestioni e sentimenti (yoin 余韻) particolarmente efficace.
Si legga, ad esempio, il seguente haiku a firma di Kobayashi Issa (1763-1828), nel quale lo stacco viene marcato da ya や, particella esclamativa la cui funzione è quella di enfatizzare quanto precedentemente scritto, preparando il lettore alla seconda parte del componimento:

春雨や火もおもしろきなべの尻
harusame ya hi mo omoshiroki nabe no shiri

pioggia di primavera –
anche il fuoco sotto il bollitore
è affascinante

In questo caso la suddetta particella è stata resa graficamente mediante l’uso della lineetta (‘– ’), che divide i due emistichi e le due distinte immagini presentate dall’autore (la pioggia di primavera e il fuoco), rendendo ancor più evidente la giustapposizione (toriawase 取り合わせ).
La poetessa Kiyoko Uda (Tokuyama, 1935), membro della Nihon Geijutsu-in 日本芸術院 (‘Accademia delle arti giapponesi’), nonché Presidente della Gendai haiku kyōkai 現代俳句協会 (‘Associazione dello haiku moderno’) dal 2006 al 2011, interrogata proprio sulla rilevanza dello stacco all’interno dello haiku, ha affermato senza mezzi termini:

Se mi chiedessero che cos’è uno haiku, potrei parlare di diversi aspetti – cioè del riferimento stagionale [kigo 季語, N.d.T.] o della sua forma consistente in 5-7-5 sillabe – ma l’essenza di questo genere poetico è, a mio avviso, il “taglio”(3).

Il kire non è dunque un mero espediente tecnico-stilistico, ma un veicolo espressivo di fondamentale importanza nell’economia complessiva di uno haiku. Attraverso un uso accorto dello stesso, infatti, il poeta è capace di spezzare la continuità degli eventi (renzoku 連続), ritagliando una data situazione o un accadimento ed esaltando, in questo modo, l’unicità che lo caratterizza.
Si tratta, in altri termini, di scindere (kiridashi 切り出し) un evento dal più ampio complesso fenomenico e temporale di cui è parte per trasformarlo in poesia attraverso l’esperienza – al contempo personale ed universale – dello haijin 俳人.
Questa contrapposizione tra elementi, che è dunque distinzione e, allo stesso tempo, reciproca compenetrazione tra bellezza naturale e bellezza prodotta dall’uomo, coinvolge invero le diverse forme di espressione artistica. Nel suo saggio intitolato Kire (4), il filosofo e ricercatore Ryōsuke Ōhashi (Kyoto, 1944) isola ed analizza le quattro qualità fondamentali dello stacco, che influenzano invariabilmente tanto la poesia quanto altre forme d’arte come l’ikebana 生け花 e la cerimonia del tè (cha no yu 茶の湯), oltre che l’architettura e la disposizione dei giardini tradizionali giapponesi […].

Per leggere l’articolo completo, visitare la pagina Aghi di pino del sito Pioggia obliqua – scritture d’arte al seguente link: https://bit.ly/2ZodvN2

Note:

(1) L. Cenisi, La luna e il cancello. Saggio sullo haiku, Castelvecchi Editore, 2018, p. 53.
(2) La tradizione letteraria ne indica addirittura diciotto (kireji jūhachiji 切れ字十八時).
(3) Women & Postwar Gendai Haiku: From Invisibility to Leadership, in Simply Haiku: A Quarterly Journal of Japanese Short Form Poetry, Vol. 7:4, inverno 2009 (http://simplyhaiku.com/SHv7n4/features/ Gilbert.html, agg. 2009, ultima cons. 11 maggio 2019).
(4) R. Ōhashi, Kire: il bello in Giappone, Mimesis Edizioni, 2017.

Immagine: Kitagawa Utamaro (XIX secolo)

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