Dialettiche celesti

Lettura di uno haiku di Gabriella De Masi, pubblicato all’interno del Gruppo di Studio sullo Haiku il 16 dicembre 2021.

strada facendo
perdo la mia ombra-
nubi d’autunno

Un componimento dalle dinamiche semplici ma decisamente non scontate, sorretto da un’impostazione metrica di tipo classico (17 sillabe ortografiche, disposte secondo lo schema 5-7-5). Lo stacco a cavallo dei vv. 2-3 rivela un nesso causale comprensibile solo a posteriori, contribuendo a caricare di significato e suggestioni il distico d’apertura. La rappresentazione segnica del suddetto stacco è il trattino semplice (-), legato alla parola ‘ombra’ quasi fosse un accenno di riverbero destinato a svanire con la parola o, meglio, una residua estensione dell’ombra stessa; la sua semantica s’iscrive entro il tracciato di un contesto armonizzante (torihayashi とりはやし) garbato e, tuttavia, pervicace, dando compiutezza alle quattro qualità fondamentali del kire 切れ così come teorizzate da Ryōsuke Ōhashi (la formazione dell’assenza di forma, la temporalità, il sentimento e la leggerezza priva di scopo). Leggi tutto “Dialettiche celesti”

La posizione dello stacco nello haiku giapponese

Nello haiku giapponese il kireji 切れ字 (letteralmente, ‘carattere che taglia’) può essere collocato in quattro diverse posizioni.
Può essere posto, ad esempio, al termine della prima o della seconda riga. In questi casi, il taglio viene chiamato, rispettivamente, shokugire 初句切れ (‘taglio del primo ku’) e nikugire 二句切れ (‘taglio del secondo ku’). Di seguito riporto due esempi:

涼しさ額をあてて青畳
suzushisa ya hitai wo atete aodatami(1)

che freschezza!
Appoggio la fronte
sul nuovo tatami

Shiba Sonome (1664-1726)

雛見世の灯を引ころ春の雨
hina-mise no hi o hiku koro ya haru no ame(2)

spenta la luce
del negozio di bambole –
pioggia di primavera

Yosa Buson (1716-1784)

Alcuni kireji si collocano invece al termine del componimento, ossia in chiusura del terzo rigo, come kana 哉 (per enfatizzare la scena che precede e sostenere, in certi casi, la kigo) e keri けり (suffisso verbale che esprime coinvolgimento o replica esclamativa a una situazione presente appena scoperta). In questi casi, si parla di kugirenashi 句切れなし. Leggi tutto “La posizione dello stacco nello haiku giapponese”

Con il perno a stringere le lame. L’estetica del kire: un’introduzione

Com’è noto, il ‘taglio’ (kire 切れ) presente all’interno di uno haiku consiste in «una cesura semantica e/o ritmico-grammaticale o una sospensione del discorso poetico atta a spezzare il flusso di pensiero del lettore e stimolarlo a ricercare il collegamento tra le due parti dell’opera così divise»(1). Tale cesura viene formalizzata, in Giappone, mediante ricorso ai c.d. kireji 切れ字 (‘caratteri che tagliano’), ossia fonemi(2) rientranti nel conteggio “sillabico” complessivo che svolgono al contempo una funzione semantica e grammaticale (appunto, lo stacco) e una stilistico-poetica propriamente detta, giacché capace di provocare nel lettore una risposta emotiva di ammirazione (eitan 詠嘆) ed un riverbero di suggestioni e sentimenti (yoin 余韻) particolarmente efficace.
Si legga, ad esempio, il seguente haiku a firma di Kobayashi Issa (1763-1828), nel quale lo stacco viene marcato da ya や, particella esclamativa la cui funzione è quella di enfatizzare quanto precedentemente scritto, preparando il lettore alla seconda parte del componimento: Leggi tutto “Con il perno a stringere le lame. L’estetica del kire: un’introduzione”

Il chūkangire: quando lo stacco cade all’interno di un verso di uno haiku

Approfondimento a cura di Antonio Sacco

In questo breve scritto vorrei porre attenzione su di un particolare aspetto del kireji (切れ字, letteralmente “carattere che taglia”) ossia una parola, intraducibile, che indica uno stacco (kire, 切れ), un intervallo (ma, 間) e che nella lingua giapponese viene reso appunto attraverso particolari categorie di parole (chiamate “cenemi”, che nella linguistica contemporanea sono rappresentati da elementi privi di un significato intrinseco) non direttamente traducibili in italiano, come ya や, kana かな e keri けり. Lo stacco è reso in italiano attraverso l’uso dei segni interpuntivi (trattino, due punti, virgola, ecc.) che dividono il componimento in due emistichi e rendono più visibile la toriawase, il collegamento tra due immagini diverse in uno stesso componimento haiku.
Di solito, negli haiku in lingua italiana, siamo abituati a porre la pausa, la cesura alla fine del kamigo (primo verso di uno haiku) o del nakashichi (secondo verso) secondo questo schema:

v. 1: prima immagine (stacco)
vv. 2-3: seconda immagine

oppure:

vv. 1-2: prima immagine (stacco)
v. 3: seconda immagine Leggi tutto “Il chūkangire: quando lo stacco cade all’interno di un verso di uno haiku”

Un punto nella notte

Recensione di Un tintinnio per strada di Oscar Luparia e Sonia Maria Bizzarro, Issuu.com, 2018, pp. 85.

Un tintinnio per strada rappresenta l’ultima fatica letteraria di Oscar Luparia e Sonia Maria Bizzarro – entrambi poeti di lungo corso, ben noti nel panorama haiku non solo nazionale – e racchiude 50 scritti (12 per ciascuna stagione e 2 in apertura e chiusura) in doppia lingua, italiano e inglese.
La raccolta è inoltre arricchita da numerosi contributi fotografici di altrettanti artisti, contribuendo ad alimentare una suggestività scenica già decisamente pregevole, secondo una ricostruzione formale aderente al modello degli shahai 写俳 (“haiku fotografici”).
«La descrizione della natura diventa un ponte per la natura umana, la scarna descrizione un filo teso tra le sponde della concisione e dell’attimo», scrive Antonella Filippi nella sua lucida nota introduttiva, e proprio da queste premesse si dipana l’intreccio lirico della raccolta, il quale pone al centro un’unificazione tra soggetto e oggetto (o, meglio, tra percipiente e percepito) mai forzata, grazie a cui l’esito poetico non diviene frutto di uno sforzo immaginifico dell’autore, ma una crescita spontanea che nell’autore stesso trova veicolo di propagazione in questo mondo. Leggi tutto “Un punto nella notte”

Il concetto di spazio o “ma”

Principio determinante nella comprensione dell’arte giapponese in generale e, dunque, dello haiku 俳句 è quello dello “spazio” o ma 間. Esso identifica, più in particolare, quell’intervallo che, pur separando due elementi, in qualche modo li unisce, essendo indissolubilmente legato ad entrambi. Così, ad esempio, nell’esperienza poetica dello haiku, l’individuo-poeta (lo haijin 俳人) e la realtà circostante sono entità apparentemente distinte, ma che si riducono, in ultima istanza, ad unità nell’inespresso, in quella bellezza naturale che può essere colta solo attraverso l’interazione stessa tra uomo e natura e che trova il proprio fondamento estetico nell’intuizione e nel suggerito. Scrive, in merito, Richard Gilbert:

L’essenza reale del “ma” non può essere codificata con precisione, poiché “ma” non è né una cosa o un oggetto, né una singola qualità, quanto piuttosto l’esperienza di una psicologica inter-esistenza [betweenness, N.d.T.] che si realizza nella tecnica del kire [il “taglio” operato dai kireji](1). Leggi tutto “Il concetto di spazio o “ma””

Come argilla

Recensione della raccolta The Clay Jar di Caroline Giles Banks, Wellington-Giles Press, 2013, Euro 2,63 (formato e-book).

The Clay Jar è una raccolta di haiku, senryū e haibun pubblicata nel 2013 dalla poetessa americana Caroline Giles Bank (attiva nel panorama letterario internazionale sin dalla fine degli anni Ottanta), uscita quasi in contemporanea alla forse più nota opera Tigers, Temples and Marigolds, edita nello stesso anno sempre per i tipi della Wellington-Giles Press.
Il libro è suddiviso in due parti o, meglio, in due sezioni: la prima racchiude oltre un centinaio di componimenti appartenenti sia al genere haiku che senryū, mentre la seconda presenta nove haibun, genere nel quale la Banks si cimenta ormai da diversi anni con esiti decisamente positivi.
Come di consueto in una raccolta in lingua inglese, gli scritti appartenenti alla prima sezione non seguono lo schema metrico in 5-7-5 sillabe, ma ne adottano uno più fluido e “libero”, foneticamente aderente al modello breve-lungo-breve, con alcune sporadiche eccezioni che, tuttavia, non scalfiscono l’evocatività delle scene in esse racchiuse. Leggi tutto “Come argilla”