Forma ed esperienza

Quando si parla di estetica, molti sono portati automaticamente a pensare a una “teoria del bello”, dunque ad un “giudizio di gusto” (Treccani) su un dato prodotto dell’arte.
Il termine deriva etimologicamente dal greco αἴσθησις (‘sensazione’), e dunque il suo significato letterale sarebbe quello di qualcosa che “può essere percepito mediante l’uso dei sensi”. Solo a far data dalla fine del XVIII secolo assunse quella fisionomia di “scienza della bellezza” che avrebbe spostato l’attenzione dall’oggetto alla relazione soggetto-oggetto.
Quando si parla di estetica giapponese, dunque, va preliminarmente evidenziato come questa non indichi una simile teoria, quanto piuttosto «un ambito di pratiche e di sensibilità caratterizzato dall’attività di mettere in forma l’esperienza»¹. Non si è cioè sviluppato in Giappone un modello di relazione tra percipiente e percepito fondato esclusivamente sulla sensibilità individuale del primo, slegata da una dimensione pratica e universale del vivere:

L’arte occidentale di ispirazione classica si è fondata per millenni sulla proporzione, l’equilibrio, l’armonia e la simmetria; una concezione opposta è quella dell’arte estremo-orientale, giapponese in particolare, dove è piuttosto l’asimmetria, come pure l’irregolarità [fukinsei不均斉, N.d.R.], a dar luogo all’esperienza estetica².

Siamo di fronte a una disciplina che è “arte del vivere” – forma esperienziale sostanzialmente diversa da qualsiasi studio teoretico e sistematico – che affonda le proprie origini nello shintoismo e nel buddhismo e che veicola un preciso indirizzo interiore e spirituale, assumendo declinazioni etiche e di comportamento del tutto peculiari.

Lo haiku giapponese, in quanto forma letteraria intimamente ancorata a questi valori e reciprocamente collegata ad altre espressioni artistiche (quali ad esempio lo shodō 書道 e la pittura) è dunque, oltre che una ‘Via poetica’ (kadō 歌道) innanzitutto una ‘Via estetica’ (gei-dō 芸道).
Conoscere le principali direttrici estetiche che informano di sé questo genere poetico (wabi 侘, sabi 寂, shibui 渋い, aware 哀れ, yūgen 幽玄, ecc.) è quindi, ad avviso di chi scrive, fondamentale per comprendere appieno il valore di un’esperienza che non è esercizio di stile, quanto affinamento naturale di una sensibilità radicata nell’esperienza del poeta che, attraverso parola, accresce ed influenza, con dote di reciprocità, quella del lettore.

Per approfondire l’estetica giapponese, propongo di seguito una selezione di letture (in lingua italiana e inglese):

  • Aldo Tollini, La cultura del Tè in Giappone e la ricerca della perfezione (Einaudi, 2014)
  • Andrew Juniper, Wabi Sabi. The Japanese Art of Impermanence (Tuttle Publishing, 2003)
  • Chiara Ghidini, Aware. Storia semantica di un termine nella poesia giapponese classica (M. D’Auria, 2012)
  • Donald Richie, A Tractate on Japanese Aesthetics (Stone Bridge Press, 2007)
  • Giangiorgio Pasqualotto, Yohaku. Forme di ascesi nell’esperienza estetica orientale (Esedra, 2001)
  • Hiroaki Sato, Snow in a Silver Bowl: A Quest for the World of Yūgen (Red Moon Press, 2015)
  • Kuki Shūzō, Sul vento che scorre. Per una filosofia dello haiku (Il Nuovo Melangolo, 2012)
  • Laura Ricca, La tradizione estetica giapponese. Sulla natura della bellezza (Carocci, 2015)
  • Leonard Koren, Wabi-sabi per artisti, designer, poeti e filosofi (Ponte alle Grazie, 2014)
  • Leonard Koren, Wabi-sabi. Altri pensieri (Ponte alle Grazie, 2015)
  • Marcello Ghilardi, L’estetica giapponese moderna (Morcelliana, 2016)
  • Michael F. Marra, A History of Modern Japanese Aesthetics (University of Hawaii Press, 2001)
  • Nancy G. Hume, Japanese Aesthetics and Culture: A Reader (State University of New York Press, 1995)

Un’ampia sezione di approfondimento è inoltre presente all’interno del mio saggio La luna e il cancello (Castelvecchi, 2018).

Note:

¹ G. Pasqualotto, Yohaku. Forme di ascesi nell’esperienza estetica orientale, Esedra editrice, 2001, p. 57.
² L. Ricca, La tradizione estetica giapponese. Sulla natura della bellezza, Carocci editore, 2015, p. 103.

Immagine: Toshikata Mizuno (1893)

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