Le campane del tempio

Recensione della raccolta Within/without di Kokū Andy McLellan, 2018, pp. 35.

Within/without è una raccolta di haiku e haibun 俳文 (“scritti haikai”) di Andy McLellan, poeta e novizio Zen residente a Canterbury, nel Regno Unito. Corredata dalle pregevoli illustrazioni di Cristina Omichi-Smith, essa si presenta come un’opera composita, non tanto da un punto di vista stilistico – sempre pulito ed essenziale – quanto nei contenuti, che spaziano dalla pura e semplice contemplazione del dato naturalistico alla riproposizione, secondo dinamiche poetiche mai riduttive, di eventi di cronaca, come il bombardamento di Damasco del 14 aprile scorso:

sparrow dust bath
Damascus wakes after
a night of bombing

bagno di polvere del passero
Damasco si risveglia dopo
una notte di bombardamenti

La lettura del suddetto componimento rimanda peraltro a uno dei più noti haiku di Uejima Onitsura (1661-1738), pur contrapponendo a questo una gradazione simbolica nettamente diversa:

春の日や庭に雀の砂あひて
haru no hi ya niwa ni suzume no suna abite

giorno di primavera –
nel giardino il passero
bagnato di sabbia

Mentre infatti in quest’ultima opera il passero (niwa 雀), sporco di sabbia, rinsalda un sentimento stagionale (kikan 季感) inconfutabilmente aperto e vitale, nello scritto di McLellan quella stessa creatura diviene simulacro di ripiegamento e desolazione, rivelando un’unificazione emotiva (kokoro ni kaku 心にかく) priva di riscatto, testimoniata dalla diversa materia che ricopre le piume: non più sabbia (suna 砂), risultato dell’erosione spontanea di rocce e conchiglie, ma polvere (dust), ossia prodotto delle macerie.
A caratterizzare la raccolta nel suo complesso è comunque un generale senso di sottigliezza (hosomi 細身), ossia la capacità del poeta di scandagliare con chirurgica perizia ogni minima variazione delle contingenze, siano esse di ampio respiro (come l’esempio sopra riportato) o più intime, personali:

cathedral gate
I step into
the silence of snow

portone della cattedrale
m’inoltro
nel silenzio della neve

In certi casi si può avere l’impressione che l’autore si sia allontanato dalla realtà, favorendo ricostruzioni “immaginifiche” (kūsō 空想) a discapito di una rappresentazione fedele e veridica del proprio vissuto, ma si cadrebbe decisamente in errore; McLellan, infatti, pur prendendo le mosse dal contesto reale, lavora quest’ultimo alla luce di una sensibilità mai rigidamente soggettiva, immergendovisi con cuore sincero (magokoro 真心) e lasciando che questo respiri, espandendosi con spontaneità entro i limiti che la realtà stessa ha deciso di concedersi, e nella quale lo spettatore – lo haijin 俳人 in primis, ma anche (e soprattutto) il lettore – è coprotagonista naturale, insieme al suo portato emotivo.
Ne risulta un distacco (datsuzoku 脱俗) che è allo stesso tempo auto-affermazione di «unicità estranea a vincoli» (J. Hvass, Om Zen-æstetik, 1999) e ritorno consapevole al mondo, secondo una progressione non lineare ma decisamente casuale:

spring breeze
the tree spirits
begin to wake

brezza di primavera
gli spiriti degli alberi
cominciano a svegliarsi

Data la sua formazione di biologo, McLellan non manca di presentare al lettore componimenti incentrati sullo sviluppo vitale di ogni tipo di fiore o pianta; abbiamo così un aggancio naturalistico più “classico” e familiare, che funge allo stesso tempo da riferimento stagionale (kigo 季語) e da cassa di risonanza per uno yūgen (幽玄, principio di “profondità e mistero”) che, a dispetto di ogni previsione, produce – sorprendentemente – un esito assolutamente limpido:

waking up
on the other side of green
spring oak

risvegliandomi
sull’altro lato del verde
quercia di primavera

Una notazione a parte meritano gli haibun, che si inseriscono nel contesto lirico globale con naturalezza e senso di continuità, grazie anche ad un lessico sincero (makoto 誠) ed immediato. L’esperienza riportata, sebbene direttamente riconducibile all’autore, ha invero la capacità di farsi universale, reinventando postulati emotivi condivisibili dal lettore, che non resta mai ai margini della storia, ma contribuisce, al contrario, alla sua circolarità:

My feet moved along the pavement as if they were strangers. People were suddenly fascinating, each one going about their business. Perhaps this was something they did every day, walking to work or to meet a friend for coffee. Or maybe they were like me, suddenly thrown into a new world and struggling to cope with the stimulation. […]

alien skyline
I stumble back
into my pod

I miei piedi si muovevano sul marciapiede come degli estranei. La gente diventata improvvisamente attraente, ognuna presa dai propri affari. Forse questo è ciò che facevano ogni giorno, camminare per andare a lavoro o per prendere un caffè con un amico. O forse erano come me, scagliati d’un tratto in un nuovo mondo, lottando per combattere gli stimoli. […]

orizzonte alieno
ritorno
nel mio guscio

Within/without è dunque, in conclusione, un’opera decisamente matura e coerente, nella quale ogni singolo componimento rappresenta un passo significativo dell’esperienza di McLellan, senza tuttavia mai richiudersi in essa, anzi aprendo allo spettatore più attento un orizzonte inedito e credibile; una raccolta dove lo spirito poetico (fūkotsu 風骨) si rinnova costantemente, liberando l’individuo dal peso del proprio pregiudizio ed alimentando, così, un interesse spontaneo ed autentico nei confronti dello haiku, sua rappresentazione più fedele:

wild indigo
the evening sky
captures a crow

indaco selvatico
il cielo serale
cattura un corvo

Una risposta a “Le campane del tempio”

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