Figure retoriche e haiku

Q: Ciao Luca, vorrei chiederti: quali sono le figure retoriche che sono da evitare negli haiku? Tutte o qualcuna è permessa? Nel ringraziarti anticipatamente, ti porgo i miei saluti.

R: Possiamo dire che, nello haiku classico, le figure retoriche trovano poco spazio. D’altro canto, essendo artifici del discorso finalizzati a produrre un dato effetto, esse contrastano con l’adozione di un linguaggio semplice, diretto ed immediato; in tali contesti, più che ricorrere a “figure di contenuto” o “di parola” come la metafora, l’iperbole o l’allegoria, il poeta deve saper utilizzare sapientemente la giustapposizione (toriawase 取り合わせ) tra immagini – che in sé permette di evocare suggestioni molto ampie e complesse – ed appoggiarsi a quella “riduzione espressiva” data dalla brevità dello scritto che non significa sinteticità o privazione, quanto piuttosto apertura ad una molteplicità di letture ed interpretazioni.
Altre figure, come quelle fonetiche o di suono, l’enjambment, l’allitterazione e l’anafora, possono invece essere presenti nel testo, purché non se ne abusi e derivino da una composizione spontanea e non elaborata “a tavolino” (penso in particolare alle ultime due, posto che, personalmente, non amo l’inarcatura).
Ricordiamo, comunque, che nei gendai haiku 現代俳句 o ‘haiku moderni’ il discorso è più complesso. Data la loro apertura ad un registro espressivo più libero ed immaginifico, capace di aprirsi ad istanze appartenenti a correnti di varia natura, non è assolutamente raro imbattersi in figure retoriche.
Kakio Tomizawa (1902-1962), esponente di rilievo dello shinkō haiku undō 新興俳句運動 o ‘Nuovo haiku emergente’, infatti, influenzato dal simbolismo e dallo sperimentalismo artistico occidentale, introdusse nei suoi scritti elementi quali la metafora, l’analogia e l’astrazione, e come lui diversi altri poeti della sua epoca ed autori a noi contemporanei.

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