Il miraggio dell’ombra

Recensione de Il grande mistero di Tomas Tranströmer, Crocetti Editore, 2011, pp. 80, Euro 9,50.

Il grande mistero (Den stora gåtan), uscito nel 2004 a Stoccolma e proposto per la prima volta in Italia da Crocetti Editore nel 2011, si presenta come una raccolta piuttosto complessa da leggere ed interpretare.

La maggior parte dei componimenti trae ispirazione dall’estetica dello haiku, e dallo yūgen 幽玄 (“profondità e mistero”), in particolar modo. Tuttavia, ad allontanarsi misura sostanziale da questo genere poetico contribuiscono non poco sia la frequente assenza di un solido riferimento stagionale (kigo 季語/kidai 季題) sia, soprattutto, l’impiego (altrettanto frequente) di metafore scaldiche (i cosiddetti kennings, ossia metafore descrittive e cristallizzate, che già a partire dal IX-X secolo maturarono combinazioni semantiche sempre più complesse, contribuendo a definire quel linguaggio criptico che è la cifra più significativa di Tranströmer).

La lettura dei testi – che nella traduzione italiana perdono inevitabilmente la musicalità dello schema 5-7-5 – è un viaggio tra due estremi: l’assoluto (che nel libro assume molteplici declinazioni, come “Dio”, “miraggio” o “fuoco fatuo”) e il quotidiano, associato tanto ad immagini proprie della Scandinavia (il“peschereccio”, la “pietra runica”, il “troll”) quanto a ricostruzioni, spesso personalissime, di paesaggi esotici ed allucinanti, come “i rotoli del Mar Morto”o “la Chiatta sullo Stige”.

Le poche poesie in versi liberi che aprono la raccolta, e che segnano quasi uno “stacco” concettuale all’interno del libro, sembrano non discostarsi troppo dalle considerazioni di cui sopra. Nonostante la metrica trovi maggior distensione e respiro, infatti, a dominare la scena è sempre un principio di descrittività del qui e ora che non ammette eccezioni. Così, “i teatri svuotati” seguono la metamorfosi delle “lettere senza risposta”, al pari di quel ponte invernale coraggiosamente descritto dal poeta, che “si costruisce da sé/ lentamente. / Dritto, fuori nello spazio”.

La rivelazione poetica, dunque, pur partendo da situazioni attuali, tende costantemente a derive immaginifiche a tratti sconvolgenti, dove ogni situazione viene scomposta in miriadi di significati secondari, a partire dai quali il lettore è chiamato, quasi per “vocazione”, a ricollocare gli eventi in precise coordinate temporali. Ma il pericolo, come sempre in agguato nelle opere di Tranströmer, è quello, per così dire, di essere inghiottiti da quel “profondo mistero” che è al contempo rivelazione e dannazione, “problema scacchistico” risolvibile in extremis solo dall’unico, grande vincitore: la morte.

Novembersolen…
min jätteskugga simmar
och blir en hägring

Sole di novembre…
la mia ombra gigante nuota
e diventa un miraggio

Uppför branterna
under solen – getterna
som betade eld

Su per sentieri erti
sotto il sole – le capre
brucavano fuoco

När stunden kommer
vilar den blinda vinden
mot fasaderna

Quando giunge l’ora
riposa il vento cieco
contro le facciate

Tomas Tranströmer (1931-2015) è stato uno scrittore, poeta e traduttore svedese. Nel 2011 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: «Perché attraverso le sue immagini condensate e traslucide, ci ha dato nuovo accesso alla realtà.»

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