Intervista a Maria Laura Valente, a cura di Luca Cenisi

L.C. Innanzitutto, Maria Laura, grazie per avermi concesso la tua disponibilità per questa intervista. La prima domanda è, in verità, una richiesta di presentazione: puoi raccontarci brevemente chi sei e cosa fai nella vita?

M.L.V. Ciao Luca. Grazie a te per l’onore di questa intervista per il tuo sito, che seguo con costanza ed interesse, poiché è una fonte preziosa di arricchimento culturale ed umano per tutti gli amanti della letteratura e dell’arte di matrice giapponese.
Mi presento brevemente: mi chiamo Maria Laura Valente, sono nata a Campobasso (Molise) nel 1976 e risiedo a Cesena, in Romagna, la terra natia di mio marito Valerius e che ha dato i natali anche a mia figlia Lorelei. Sono un’insegnante di materie letterarie alle superiori (ovvero, nella Scuola Secondaria di Secondo Grado, per usare l’attuale nomenclatura sancita dal MIUR). Amo moltissimo il mio lavoro, che svolgo con impegno e passione, nella speranza di trasmettere ai miei alunni non solo mere conoscenze ma anche (e soprattutto) la mia passione per la letteratura, di ogni luogo e di ogni tempo. Sono, inoltre, un’estimatrice della cultura giapponese, che tento di approfondire con uno studio autonomo quotidiano nei suoi molteplici aspetti. Apprezzo, in particolar modo la letteratura nipponica e, per quanto concerne la poesia, trovo di grande bellezza i waka di periodo Heian (794-1185) e lo haiku, in tutte le sue evoluzioni nel corso dei secoli.
Mi cimento spesso nella composizione di haiku, alcuni dei quali hanno avuto la fortuna di incontrare il gentile apprezzamento di altri appassionati d’arte poetica.
Scrivo anche poesie in stile occidentale, fiabe e piccoli saggi su generi letterari che mi affascinano, come ad esempio la Joryū nikki bungaku (la letteratura diaristica delle dame di corte) di periodo Heian.

L.C. Quando ti sei avvicinata per la prima volta alla poesia haiku?

M.L.V. Una decina d’anni fa circa, quando un carissimo amico, lo studioso e scrittore Pier Luigi Camagni, che ha sempre avuto la bontà di apprezzare la mia scrittura, segnatamente le mie liriche in stile occidentale, mi suggerì di esplorare l’allora per me sconosciuto territorio della poesia haiku, attraverso la lettura di sillogi in traduzione italiana. È iniziato, così, un viaggio letterario che dura tuttora e che per i primissimi anni è stato unicamente di lettura dei Grandi Maestri. Pian piano, ho iniziato a comporre qualche haiku, in forme che ora mi appaiono acerbe e forse troppo “occidentali”. Le mie letture si sono gradualmente arricchite, non solo accrescendo il numero degli autori studiati ma comprendendo anche testi di carattere teorico. Oggi, spero di aver compiuto qualche passo avanti anche nella composizione di haiku, pur nella consapevolezza della natura infinita del viaggio poetico che ho intrapreso.

L.C. Se un amico o un conoscente che non ha mai sentito parlare di haiku ti chiedesse che cos’è, come glielo descriveresti?

M.L.V. Dunque, se l’amico in questione fosse realmente del tutto ignaro dell’esistenza degli haiku, penso che per prima cosa, gliene leggerei almeno uno, scelto tra quelli classici, lasciandogli qualche istante di tempo per metabolizzare le sensazioni che l’ascolto ha suscitato. L’amico noterà subito che si tratta di una poesia molto breve, quasi un’istantanea verbale, in cui autore e natura entrano, in modi vari e a volte complessi, in risonanza. Gli racconterei, poi, che questo piccolo componimento ha una storia lunga e articolata, nel corso della quale ha, gradualmente, assunto vita propria, affrancandosi da forme poetiche più lunghe ed antiche, grazie all’opera del maestro Matsuo Bashō, fino ad assumere il nome che conosciamo oggi in virtù dell’opera rinnovatrice di Masaoka Shiki. Gli anticiperei che l’avventura di questo genere è ben lungi dal dirsi conclusa, poiché esso ha continuato ad evolversi nel tempo e, ancor oggi, presenta mutazioni ed esiti interessanti, grazie al contributo delle tante e diverse culture degli haijin che vi si applicano. Parlerei, subito dopo, della sua struttura fissa dello haiku classico: una terzina su metro 5-7-5 (spendendo qualche veloce parola sia sulle differenze tra il computo sillabico della lingua italiana e quello in on dell’idioma nipponico sia sul fatto che non sempre le traduzioni di originali giapponesi possono riprodurre perfettamente questo schema, senza ledere il poema) che risponde all’anelito dei poeti giapponesi alla fusione, nei loro componimenti, dell’immediatezza della sensazione con la razionalizzazione del sentire attraverso la codifica in una forma data. Qualora, a questo punto, l’amico non si sia accomiatato con qualche gentile scusa, se anzi notassi nel suo sguardo l’accendersi di una scintilla di interesse, continuerei, con lui, la lettura di altri componimenti, mostrandogli cosa sia il kigo, quello che potremmo definire una sorta di riferimento stagionale, e spiegandogli come esso non sia un orpello di maniera bensì l’esplicitazione del toki, il periodo di composizione. Osserveremmo insieme la differenza tra i testi che presentano la giustapposizione di immagini, secondo la tecnica toriawase, e quelli che di immagine ne propongono usa sola, dal respiro più ampio e dettagliato, che si snoda ininterrotto sui tre versi. E poi parleremmo delle emozioni sottese e dei concetti veicolati da ogni haiku che leggiamo ed io cercherei di dar loro un nome: karumi, wabi, sabi, mono no aware
A questo punto, spero che il mio amico inizi a scandagliare librerie e biblioteche alla ricerca di antologie miscellanee e monografiche sullo haiku, per iniziare il proprio viaggio letterario alla scoperta di un genere.

L.C. Quali sono stati gli insegnamenti, le letture e gli autori che più hanno influenzato il tuo percorso poetico?

M.L.V. Gli autori che maggiormente hanno influenzato la mia scrittura poetica di stampo occidentale sono: Baudelaire e i simbolisti francesi per la cifra visionaria dei loro componimenti; Silvia Plath, Alda Merini e Mariangela Gualtieri, per la capacità di trasfigurazione della realtà perfettamente bilanciata dalla micidiale e lancinante espressione dei sentimenti più aurorali, primitivi dell’animo umano; D’Annunzio, per il preziosismo lessicale e il conturbante panismo; Borges per la sua introspezione e Anais Nin per la sensualità visionaria. I miei scritti, tuttavia, sono distanti anni luce dallo splendore di questi modelli.
Per quanto, invece, attiene alla poetica haiku, pur apprezzando praticamente tutti i grandi maestri, posso affermare che i miei favoriti sono Bashō, Buson e Shiki. Recentemente, grazie alle traduzioni di Lorenzo Marinucci, ho imparato ad apprezzare Akutagawa, che conoscevo solo per i suoi scritti in prosa. Lo stesso è accaduto con Sōseki, che in passato apprezzavo più come narratore e che oggi, invece, prediligo come poeta. Inoltre, grazie alle tue traduzioni, Luca, sto facendo virtualmente conoscenza con molti autori, dei quali ammiro stile e contenuti, quali ad esempio Awano Seiho e Takarai Kikaku.
I manuali sulla composizione haiku che mi hanno in parte guidato nella pratica compositiva in lingua inglese sono tre: How to Haiku, di Jim Kacian; Writing and Enjoying Haiku: A Hands-On Guide, di Jane Reichhold; Haiku and Senryu: A Simple Guide for All, di Charlotte Digregorio.
Ma per lo studio e la composizione di haiku in lingua italiana, cerco di seguire il Decalogo della Scuola Yomichi da te fondata, Luca, poiché mi rispecchio nei principi ivi espressi e, segnatamente, nel motto della scuola stessa, dentō no gendai, “la modernità della tradizione”.

L.C. Quale pensi sarà il futuro dello haiku in Italia?

M.L.V. Lo scenario poetico italiano, inteso in senso lato, è vivo e prolifico, sia pur con diversi livelli e gradazioni di profondità psico-emotiva. Lo stesso vale per il circuito degli haijin nostrani, numerosissimi e molto, molto attivi su differenti fronti letterari, sia in patria che all’estero. Noto grande frammentarietà e difformità, non solo nel sentire poetico ma anche nelle forme espressive, nelle dinamiche strutturali e contenutistiche, la qual cosa, tuttavia, dà voce a differenti modi di intendere il concetto stesso di poetica haiku. A mio modesto avviso, vi sono, in tale contesto, voci di alta caratura, segnatamente tra gli haijin che, pur ricevendo indubbi riconoscimenti di valore anche nel panorama internazionale, amano tenersi un po’ in ombra e scrivono (o forse, più esattamente, divulgano i propri scritti) con maggiore parsimonia e sobrietà. Di questi autori contemporanei ciò che maggiormente ammiro, oltre alla grande umiltà, è l’impegno nel tentativo di innovare la tradizione preservandola, di creare testi originali e freschi pur inserendosi nel solco poetico di matrice, per così dire, classica. Io condivido questa ottica e pur non disdegnando a priori le sperimentazioni, sento che la mia forma mentis è più affine a questo modo di intendere la pratica compositiva degli haiku.
In generale, sono certa che lo haiku italiano continuerà a segnalarsi nel mondo, perfezionandosi sempre più.

L.C. Quali sono i tuoi progetti letterari per l’immediato futuro?

M.L.V. In verità, dopo l’uscita della mia prima pubblicazione poetica nel 2010, Giochi d’Aria (Rupe Mutevole Edizioni, firmata con il nom de plume Emel Mamiya), ho vissuto un lungo periodo dedicato quasi integralmente alla lettura, allo studio e alla scrittura privata.
Gli ultimi anni sono stati, invece, piuttosto densi di attività letterarie, due delle quali hanno portato all’uscita di due nuovi libri: Lustralia – Abluzioni Liriche (LunaNera Edizioni, 2016), un prosimetrum in frammenti, in cui 13 prose di carattere isagogico-narrativo preludono ad altrettante liriche. Nel febbraio del 2018 è invece uscita la silloge La carezza del vento (LunaNera Edizioni) che è la mia prima raccolta haiku, che presenta 50 componimenti in italiano accompagnati da traduzioni in quattro lingue (giapponese, inglese, francese, russo), ad opera di altrettanti poeti madrelingua.
Nel poco tempo che il lavoro e la famiglia mi lasciano, mi sto ora dedicando ad ultimare un progetto editoriale, sempre sugli haiku, con La Ruota Edizioni.
Ma, in verità, vorrei dedicarmi di più allo studio della letteratura giapponese di periodo Heian, una mia grande passione, e scrivere testi critici sulle opere dell’epoca.
E, soprattutto, vorrei continuare a coltivare un’attività che, negli ultimi mesi, mi ha dato grandi soddisfazioni, ossia la realizzazione di eventi letterari sulla poesia a carattere locale, come la conferenza sulla poesia giapponese, Nel cuore dello haiku, che ho tenuto presso Villa Silvia Carducci, a Cesena (25 marzo 2018) o come il workshop sullo haiku La carezza del vento, un ciclo di 4 incontri stagionali che sto conducendo a Forlì, nell’ambito delle attività culturali del Festival Internazionale di Poesia e Arti Sorelle, edizione 2018, organizzato dall’Associazione Culturale Lestordite di Giorgia Monti e Serena Piccoli. Questi eventi pubblici mi permettono di trasmettere alla gente, dal vivo, la mia passione per l’universo poetico giapponese e mi arricchiscono moltissimo sotto il profilo umano.
Inoltre, ho appena ricevuto la proposta di lavorare con la radio di una nota scuola superiore bolognese ad una rubrica quotidiana sullo haiku, per avvicinare gli studenti (ma non solo) a questo genere poetico. Il format è ancora in via di definizione: vi terrò aggiornati.

L.C. Ti ringrazio nuovamente per il tempo dedicato a questa intervista. Per concluderla degnamente, avresti piacere di condividere con il pubblico del blog tre tuoi haiku?

M.L.V. Con piacere, grazie per la richiesta. Vi lascio tre haiku invernali, che spero portino un po’ di refrigerio in questi caldi giorni estivi:

alba d’inverno –
nel primo sorso di tè
tutta la luce

notte di veglia –
la neve sul balcone
si scioglie piano

alba di gelo –
avvolta nel silenzio
la vecchia chiesa

L.C. Grazie, Maria Laura, a rileggerci presto!

Nota biografica dell’Autrice

Maria Laura Valente (Campobasso, 1976), vive con il marito Valerius e la figlia Lorelei a Cesena, dove insegna materie letterarie e latino al Liceo Monti. Premiata in concorsi letterari, più volte selezionata tra i 100 migliori haijin d’Europa, appare in antologie e riviste internazionali. Un suo English haiku, selezionato nell’ambito del Golden Triangle Haiku Contest, viene esposto a Washington (marzo 2018).
Membro della British Haiku Society, della World Haiku Association e della Haiku Canada Association, ha partecipato con reading dei suoi haiku al Festival Internazionale di Poesia e Arti Sorelle (Cesena, marzo-aprile 2017), alla Conferenza della World Haiku Association (Parma, settembre 2017) e a Bologna in Lettere (Bologna, maggio 2018).
Ha tenuto la conferenza Nel cuore dello Haiku (Cesena, Marzo 2018).
Nell’ambito delle attività culturali del Festival Internazionale di Poesia e Arti Sorelle, edizione 2018, organizzato dall’Associazione Culturale Lestordite, conduce il ciclo in 4 incontri stagionali di Workshop sullo haiku La carezza del vento (Forlì, 2018).
Ha pubblicato le raccolte poetiche Giochi d’Aria (Rupe Mutevole, 2010); Lustralia (LunaNera, 2016) e la silloge haiku La carezza del vento (LunaNera, 2018).
Il suo blog personale è Komorebi – Blog letterario d’ispirazione giapponese: https://marialauravalente.wordpress.com/.

3 risposte a “Intervista a Maria Laura Valente, a cura di Luca Cenisi”

  1. Caro Luca, ti sono sinceramente grata per il grande onore che mi hai fatto nel chiedermi questa intervista. Spero vivamente di non aver deluso te o i tuoi lettori. Il tuo sito è una fonte preziosa di arricchimento spirituale e culturale per ogni amante della poesia giapponese e delle Arti in generale. Grazie, di avermi reso parte di questo bellissimo contesto. A presto!

  2. Con molto piacere ho letto l’intervista a Maria Laura che stimo molto sia a livello poetico che umano e sono felice di leggere dei tanti progetti in corso. Le sue parole si distinguono sempre per cura, attenzione, garbo ed eleganza. Anche in questa occasione. Continueremo a seguirla con lo stesso affetto di sempre, una delle voci più belle nel panorama italiano della poesia breve giapponese.

    nanita

    1. Cara nanita,

      leggo solo ora il tuo gentile commento che ricevo con emozione e gratitudine.
      La stima che ti porto è grande ed è cresciuta nel tempo, al pari dell’affetto per la tua anima bella che sempre traluce dai tuoi versi.
      E ciò rende ancor più caro e prezioso al mio cuore il tuo generoso apprezzamento delle mie esigue doti.
      Un abbraccio, sincero.

      Mamiya

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